Casella di testo: V I V I   C A S T R O M A R I N A . IT
LA VOCE DEL SALENTO

La Storia

Tessere di un mosaico chiamato Zinzinusa:

Don Gabriele Ciullo e la realizzazione del Santuario della “Madonna del Rosario di Pompei” in Castromarina

 

    Tra la fine del XIX e il primo trentennio del XX secolo, un sacerdote dallo straordinario carisma umano e pastorale, sulla scia anche di quel grande rinnovamento sociale della Chiesa di Leone XIII, determinava per la piccola Castro quella svolta che l’avrebbe poi portata a divenire uno dei centri più importanti del turismo balneare di terra d’Otranto; turismo, s’intende, non massificato, dal quale questa perla è ad oggi abbrutita e violentata, “corretta” diremmo noi con il cemento! …

    Questo sacerdote, a nome Gabriele Ciullo, nasceva dunque a Castro il 27 gennaio del 1854 da Antonio Maria Ciullo, figlio di Ippazio Pasquale della terra di Vitigliano, e Maria Ciriolo, figlia di Giuseppe. Il giorno seguente riceveva nella Cattedrale “Maria SS. Annunziata” il Sacramento del Battesimo dal  Canonico Abate Don Angelo Tafuri, già segretario dell’ultimo vescovo della Diocesi di Castro mons. Francesco Antonio Duca (1793-1810). L’atto di battesimo veniva anche firmato da don Oronzo Ciriolo, economo curato e canonico pro-tempore della parrocchia.

    Mentre il padre provvedeva al sostentamento della famiglia con l’umile lavoro de “jaticaru” (pescivendolo), la madre accudiva la stessa, composta oltre al piccolo Gabriele anche da Salvatore, Addolorata Petrina e Giuseppe. Educato dunque ad una vita cristiana dal pio esempio dei genitori giungeva al Sacramento della Confermazione, il quale li veniva amministrato dal vescovo di Otranto mons. Vincenzo Andrea Grande il 22 ottobre del 1863. Con  una lettera indirizzata al vescovo nel mese di marzo del 1868, ormai 14enne, avendo maturata la vocazione al sacerdozio, chiedeva di entrare in noviziato.

    Dopo aver frequentato il Liceo a Vitigliano, sotto la premurosa guida dello zio Don Salvatore Miggiano, ed aver conseguito la  Laurea in Teologia presso Napoli, Gabriele Ciullo, all’età di 23 anni diveniva Sacerdote in Cristo il 17 maggio del 1877. Il 5 maggio del 1880, in seguito agli eccellenti risultati degli esami canonicali, don Gabriele Ciullo diveniva Arciprete e Parroco di Castro. E per Castro era la svolta!...

    La grande intraprendenza umana e culturale di don Gabriele Ciullo, mai disgiunta dalla carità, non tardava a dare i suoi frutti. Furono gli anni dei restauri agli edifici e agli uomini, inselvatichiti  gli uni come gli altri  da una vita di miseria e di stenti, abbandonati su un  cucuzzolo di collina, …quasi fuori dal mondo. Si  riparava la vecchia Cattedrale nelle strutture, nell’arredo e nel decoro liturgico; si rifondava la confraternita del SS. Sacramento; si costruiva il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei; si fondava un bollettino parrocchiale al quale corrispondevano con degli oboli anche i Reali di Spagna; si realizzava un orfanotrofio per le orfanelle e i bambini bisognosi.

    Dalla testimonianza popolare emerge il ricordo di un sacerdote colto e caritatevole, solidale con l’ultimo degli ultimi. Amava inoltre istruire con generosità  i ragazzi, che teneva a lezione seduti sui gradini del presbiterio. A fine lezione, si racconta, donava sempre loro qualche “Pastid,d,a” o qualche caramella; a Natale non mancavano mai una pigna e qualche soldino. Ma la sua pastorale non allontanava nemmeno gli adulti sia nella Chiesa che nelle case, dove spesso si intratteneva ad ascoltare, educare, crescere, confortare e gioire secondo i precetti della vita cristiana.

    Tra il 1890 e il 1920 si riuniva attorno a lui un gruppo di intellettuali che avrebbe portato Castro con le sue bellezze, …oggi cementificate; con le sue grotte, …oggi turistizzate; con le sue storie, …oggi ignorate e dimenticate, all’attenzione scientifica nazionale. Nel 1896 si pubblicava inoltre una “Monografia di Castro” ad opera di Luigi Maggiulli; nel 1901 Paolo Emilio Stasi scopriva inoltre gli importantissimi depositi preistorici di Grotta Romanelli.

    Paolo Emilio Stasi, Filippo Bacile di Castiglione, Luigi Maggiulli, Armando Perotti, Giuseppe Casciaro, Pasquale de Lorenzis, Andrea Tronci, Filippo Bottazzi, Gabriele Ciullo, Ulderico Botti, Ettore Regalìa ecc.., gli uomini che con i lumi della loro scienza svelavano al mondo la piccola Castro.

    Ne beneficiava di ciò la popolazione, grazie anche ad un primo timido avvio di un turismo balneare, il quale pian piano porterà Castro a divenire meta fra le più ambite e rinomate del turismo d’elite del '900.

    La costruzione dunque del Santuario della “Madonna di Pompei” nel 1895, opera pregevole dell’inventiva di Filippo Bacile di Castiglione, che don Gabriele potette realizzare grazie agli oboli delle “Signore Bagnanti” magliesi e leccesi,  si inseriva per Castro in un periodo di sviluppo culturale ed umano.

    La realizzazione del gruppo in cartapesta policroma raffigurante la Madonna del Rosario di Pompei con il Bambino e i santi Domenico da Guzman e Caterina da Siena, opera dello scultore leccese Achille de Lucrezis datata 1897, invece è legata ad un vero e proprio miracolo. Ecco quanto lo stesso don Gabriele sapientemente annotava su alcune pagine dei registri parrocchiali della Cattedrale:

    “ Era la notte del 30 dicembre 1896 ed essendo il mare placido, tranquillo, luccicante come un tersissimo specchio, i marinari di Castro raccoglievano le loro reti e si portavano con le loro barche in alto mare per pescare. Quando gittate in mare le reti, ad un tratto s’imperversa il tempo, onde non è più la brezza che ne sfiora la superficie ma un succedersi improvviso di venti contrari intorbida il cristallino delle acque, che si sollevano, si accavallano con impeto da farle rompere, in maniera paurosa, spumeggiante contro gli scogli e le roccie. Un rumore cupo fende l’aria agitata e sconvolta producendo un suono sordo e rauco come i ruggiti di una belva. I poveri naviganti, presi dallo sconforto si veggono innanzi la morte e volgendo lo sguardo a questo Santuario della Madonna, colle lagrime sugli occhi ripetono: Mamma del cielo aiutaci, salvaci… In quel momento intanto le proprie famiglie trepidanti corrono in pellegrinaggio al Santuario istesso e la campana di Maria incominciava a suonare e tanto bastò che a quel suono il mare si tranquilla, il vento cessa, la tempesta si placa, il tempo si rasserena, e i naviganti ritornano al patrio lido cantando inni  di ringraziamento, facendo pure costruire la statua miracolosa, che portarono sulle spalle da Lecce fino a questa Marina. E qui chi può descrivere l’entusiasmo, l’emozione di tutti all’arrivo in Castro della statua miracolosa di Maria nel dì 23 luglio 1897? … S’incominciò a cantare il mariano Salterio accompagnato dai suoni di musicali strumenti, e si venne in processione fin sulla spiaggia del mare per benedire così Maria quell’infido elemento, che abbonacciavasi un dì al suono della campana. Giunti nel Santuario il parroco Gabriele Ciullo tenne un discorso di circostanza che strappò dai più duri peccatori lagrime  di compressione, in maniera da non vedersi alcuno che non fosse tradito dai suoi propri occhi. Si celebrò Messa solenne e si conchiuse coll’inno ambrosiano…”  .

    Inoltre, sia la tradizione popolare che alcuni documenti depositati presso l’Archivio diocesano di Otranto, alla sezione Castro, riportano che:

    “La sera del 22 luglio 1897, a bordo di un traino di proprietà del Signor Salvatore Guida da Vignacastrisi, di anni 56, otto giovani castrioti alti uguali di statura partivano da Castro alla volta di Lecce per trasportare, a piedi, la statua della Madonna del Rosario di Pompei.

    Detti giovani erano:

 

Lazzari Ludovico di Giuseppe, di anni 20;

Lazzari Giuseppe Antonio di Pantaleo, di anni 31;

Lazzari Giovanni di Pantaleo, di anni 27;

Lazzari Salvatore di Angelo, di anni 33;

Lazzari Salvatore di Oronzo, di anni 17;

De Santis Gabriele fu Antonio, di anni 42;

De Santis Giuseppe Domenico fu Antonio, di anni 35;

Coluccia Girolamo di Donato, di anni 46;

   

    Gli otto devoti giunsero nel Santuario di Castro marina nella serata del 23 luglio 1897…”  .

    La tradizione popolare riporta inoltre che durante il tragitto di ritorno, i pescatori di Castro, passando con la statua dalle strade interne dei paesi tra Lecce e Castro, venivano in un certo qual modo derisi; ma gli stessi, poggiando per qualche istante la Madonna sul carro, rispondevano alle offese con una buona scarica di “mazzate... ” Date le enormi mani dei pescatori, modellate dalla durissima fatica sul mare, …possiamo solo immaginare!...  Risolto il caso ripartivano. Ma ad ogni paese era la stessa storia!...

    Si narra inoltre che, durante il primo dopoguerra, un altro gruppo di pescatori di Castro, trovandosi a pesca nel mare di Venticinque, attuale Ginosa Marina, sentirono cantare una bellissimo inno alla Madonnina del Mare che piacque a loro così tanto al punto che ne chiesero il manoscritto al parroco del luogo. Ritornati con le loro barche a Castro iniziarono a cantarlo. Ed ecco che “Madonnina del mare” divenne anche parte fondamentale  del patrimonio liturgico e dei canti mariani di Castro.

    Dopo una vita di amore verso il prossimo, di impegno civile e pastorale, di gioie, ma anche di tante tante amarezze, don Gabriele Ciullo, essendo vice-parroco Don Beniamino Plenteda da Castrignano dei Greci, moriva  la mattina del 22 gennaio 1934. La testimonianza popolare riporta ai posteri le sue ultime parole: “…vostro discepolo Signore io sono, se tutti mi offesero io tutti perdono…”. Maestro Antonuccio Lazzari, falegname e cartapestaio del paese, qualche anno prima di morire ci raccontava che fu lui a realizzargli il baule, di legno semplice e senza cornici, con una stoffa nera all’interno, nel quale don Gabriele era vestito con tutte le insegne canonicali ed aveva, per sua volontà, nelle mani un calice ed una arancia spezzata, a simbolo probabile dell’asprezza della sua vita.

Nel pomeriggio dello stesso giorno furono celebrate in Cattedrale le solenni esequie con l’intervento del vescovo, dell’intero Capitolo Metropolitano di Otranto e di tutti i parroci della Diocesi. A sera veniva tumulato nel cimitero del paese, nella cappella Ciullo, la quale si trovava a destra del cancello d’entrata.

Qualche targa e qualche via ce ne rammenta oggi il ricordo, anche se dovrebbe essere nostro impegno morale e civile uno studio più appropriato ed una biografia.   …Ed  è questo quello che noi tutti ci auguriamo!

 

Gianluigi Lazzari

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